L’Adige – 11/11/2017
Pinot Grigio, rischio monocoltura
Vendemmia I Vignaioli: dal 29 al 33% in cinque anni, i vini autoctoni calano
di F. Terreri
TRENTO – I dati della vendemmia 2017 in Trentino, anticipati ieri dall’ Adige , confermano il netto calo di produzione legato a un andamento stagionale difficile, segnato da gelo primaverile, siccità e forti grandinate. Ma confermano anche le preoccupazioni dei Vignaioli del Trentino sulla progressiva riduzione della produzione di varietà autoctone a favore di un’espansione senza freni del Pinot Grigio, che ormai da solo rappresenta un terzo della produzione totale.
«Basta un paragone con i dati della vendemmia 2012 per capire la tendenza in atto – afferma il presidente del Consorzio Vignaioli Lorenzo Cesconi (nella foto) – Il Pinot Grigio sale dal 29% al 33%, mentre tutte le varietà autoctone e rappresentative del territorio continuano inesorabilmente a scendere. La Nosiola da un già misero 0,6 scende allo 0,4% della produzione totale, il Teroldego perde un punto percentuale su un già non entusiasmante 8,3%, il Lagrein scende sotto il 2%, le Schiave sono ormai sempre più schiacciate verso il 2%. Il Marzemino, nonostante gli sforzi di qualche eroico produttore, passa dal 3 al 2% e sembra ormai condannato alla residualità, anche nelle sue zone di elezione. Quelle che dovrebbero essere le bandiere del territorio, ogni anno che passa sembrano ammainarsi».
Secondo Cesconi, «sta in questa incapacità di riconoscere che per ogni territorio ci sono dei vitigni di elezione che vanno tutelati, difesi, valorizzati, uno dei principali problemi del nostro sistema vitivinicolo. Al contrario, immaginare che un vino commodity come il Pinot Grigio possa rappresentare la soluzione giusta per ogni contesto, non in ragione di una valutazione sulle vocazioni ma sulla base del solo andamento di mercato, finisce per innescare un meccanismo perverso che toglie valore al territorio, il principale capitale di cui disponiamo».
Già in passato, ricorda Cesconi, la questione era stata sottolineata dal Comitato vitivinicolo e dall’Istituto Agrario di San Michele. «Oggi, anche alla luce di questi dati, si avverte con ancora maggiore urgenza il bisogno di una pianificazione, di una regia complessiva, di un progetto di lungo raggio per il sistema vitivinicolo trentino: non possiamo permetterci di andare verso una sostanziale monocoltura e di proseguire con modelli produttivi tipici di contesti di pianura».
«Basta un paragone con i dati della vendemmia 2012 per capire la tendenza in atto – afferma il presidente del Consorzio Vignaioli Lorenzo Cesconi (nella foto) – Il Pinot Grigio sale dal 29% al 33%, mentre tutte le varietà autoctone e rappresentative del territorio continuano inesorabilmente a scendere. La Nosiola da un già misero 0,6 scende allo 0,4% della produzione totale, il Teroldego perde un punto percentuale su un già non entusiasmante 8,3%, il Lagrein scende sotto il 2%, le Schiave sono ormai sempre più schiacciate verso il 2%. Il Marzemino, nonostante gli sforzi di qualche eroico produttore, passa dal 3 al 2% e sembra ormai condannato alla residualità, anche nelle sue zone di elezione. Quelle che dovrebbero essere le bandiere del territorio, ogni anno che passa sembrano ammainarsi».
Secondo Cesconi, «sta in questa incapacità di riconoscere che per ogni territorio ci sono dei vitigni di elezione che vanno tutelati, difesi, valorizzati, uno dei principali problemi del nostro sistema vitivinicolo. Al contrario, immaginare che un vino commodity come il Pinot Grigio possa rappresentare la soluzione giusta per ogni contesto, non in ragione di una valutazione sulle vocazioni ma sulla base del solo andamento di mercato, finisce per innescare un meccanismo perverso che toglie valore al territorio, il principale capitale di cui disponiamo».
Già in passato, ricorda Cesconi, la questione era stata sottolineata dal Comitato vitivinicolo e dall’Istituto Agrario di San Michele. «Oggi, anche alla luce di questi dati, si avverte con ancora maggiore urgenza il bisogno di una pianificazione, di una regia complessiva, di un progetto di lungo raggio per il sistema vitivinicolo trentino: non possiamo permetterci di andare verso una sostanziale monocoltura e di proseguire con modelli produttivi tipici di contesti di pianura».