Corriere del Trentino – 11/11/2017
di Linda Pisani
Vendemmia, produzione calata. “Trentino? Harakiri vitivinicolo”
Giavedoni (Slow Wine): appiattimento e poca valorizzazione degli autoctoni
TRENTO – La vendemmia trentina 2017 fa alzare qualche sopracciglio agli addetti ai lavori e non solo a causa del maltempo che ha ridotto la produzione del 15%. Alla sbarra degli imputati, oltre a gelo, siccità e grandinate, finiscono anche Pinot Grigio e Chardonnay.
«Il Trentino sta facendo un “harakiri” vitivinicolo — dice il curatore di Slow Wine, la guida dei vini di Slow Food, Fabio Giavedoni —. Si registra un forte appiattimento, con vitigni che non vengono adeguatamente valorizzati. Il territorio sta investendo sul Pinot Grigio, che da tempo finisce sul mercato americano a prezzi decisamente bassi, e sullo Chardonnay usato come base spumantistica per il Trentodoc, che non viene adeguatamente valorizzato. Un vero peccato, soprattutto perché ci sono validi autoctoni che potrebbero aprire a grandi possibilità di mercato».
Perle che contano poco o niente nei numeri, commenta ancora il curatore di Slow Wine. E a parlare di numeri è pure Lorenzo Cesconi, presidente del Consorzio Vignaioli del Trentino che a proposito del Pinot Grigio commenta: «Ormai da solo rappresenta un terzo della nostra produzione totale».
A dirlo sono anche i dati dell’annata. La produzione trentina a causa dei noti eventi atmosferici ha subito una diminuzione del 15% rispetto all’anno precedente (neanche male se confrontata con la produzione nazionale a -25% a causa della siccità). Le uve raccolte, secondo il Consorzio di Tutela Vini del Trentino, sono state poco meno di centomila quintali , divise in varietà bianche per il 75% e per il 25% in varietà nere. A queste vanno ad aggiungersi 94 mila quintali di uve provenienti dalle province di Bolzano e Verona.
Andando nei dettagli si rileva che i due/terzi della produzione sono costituiti da tre varietà bianche: il Pinot grigio (33,8%), lo Chardonnay (24%) e il Müller Thurgau (9,6%). Le principali varietà a bacca nera sono invece: il Teroldego (7,2%), il Merlot (6,8%), la Schiava (2,3%), il Pinot nero (2,2%) e il Marzemino (2%).
«I dati della vendemmia 2017 – dice Cesconi – confermano le nostre preoccupazioni, stiamo assistendo a una riduzione della produzione di varietà autoctone, a favore di un’espansione senza freni del Pinot Grigio». I vignaioli mettono sul tavolo i dati della vendemmia 2012: il Pinot Grigio è salito dal 29% al 33%, mentre tutte le varietà autoctone del territorio continuano a scendere. La Nosiola da 0,6 scende allo 0,4% della produzione, il Teroldego perde un punto percentuale «su un già non entusiasmante 8,3%», il Lagrein scende sotto il 2%, le Schiave al 2%: il Marzemino passa dal 3 al 2%.
Rileva il curatore di Slow Wine: «In Trentino, per la particolarità di questo territorio, andrebbero privilegiati i vigneti di collina, che però hanno costi di gestione piuttosto alti. Si dovrebbe puntare all’eccellenza non seguire la produzione di quantità con vini che concorrono con tanti altri, prodotti in territori dai terreni più facili da coltivare. L’immagine migliore del Trentino dovrebbero darla il Teroldego, la Nosiola, il Manzoni Bianco, ma anche il Riesling e il Muller Thurgau, che per quanto internazionali sono vitigni che in questi territori si comportano benissimo».